Cappuccetto rosso

Cappuccetto rosso tra un linguaggio e l’altro

Ilaria Filograsso

Nessuna fiaba è stata, nel corso dei secoli, tante volte raccontata, ri-scritta, attualizzata e commentata come Cappuccetto rosso. Essa si configura ancora oggi (si pensi alle recenti versioni cinematografiche o videogiocabili) come un’icona della cultura occidentale, un ipertesto per antonomasia, dal momento che autori e illustratori nel tempo si sono appropriati, secondo il loro registro e il loro gusto personale, di una storia le cui origini si perdono nell’immaginazione collettiva della tradizione orale.

Alla fine del Seicento Charles Perrault attinge al patrimonio orale per consegnare la prima versione scritta di Cappuccetto rosso, che differisce sostanzialmente dall’intonazione del racconto popolare: mentre il folktale si pone come celebrazione della fiducia in sé raggiunta da una giovane contadina, del potere della donna di controllare il proprio destino all’interno della società agricola tradizionale, nella versione scritta di Perrault il carattere di Cappuccetto rosso è completamente modificato. Mentre la contadinella è schietta, astuta, adopera l’ingegno per sfuggire al pericolo, la bimba di Perrault è carina, viziata, ingenua e indifesa. L’aggiunta leziosa del copricapo rosso rimanda ad un certo egocentrismo, ad una civetteria che è causa del suo destino di morte: con grande maestria Perrault disegna il ritratto di un nuovo bambino protagonista delle fiabe, indifeso, bisognoso di aiuto e di guida adulta. In questa direzione, quando si confronteranno con le numerose versioni popolari e letterarie di Cappuccetto rosso, i fratelli Grimm, all’inizio dell’Ottocento, non si accontenteranno di far morire il lupo una volta, ma aggiungeranno un secondo finale in cui la bambina, trovatasi nuovamente a confronto con il lupo, si dirige immediatamente dalla nonna, e insieme a lei inganna l’animale facendolo morire annegato. A partire dalla versione dei Grimm, diventata canonica nel tempo, scrittori e illustratori hanno potuto apportare modifiche e variazioni confidando nella conoscenza, anche da parte di bambini molto piccoli, della versione di partenza: l’interpretazione di ogni attualizzazione diventa, quindi, un gioco intertestuale che mette a confronto la storia  tradizionale e le sue moderne attualizzazioni.

Negli ultimi decenni il motivo tradizionale della “bambina e il lupo” è stato spesso discusso, contestato e sottoposto a riscrittura: sono molti i riadattamenti che privilegiano il registro comico o paradossale per ribaltare il ruolo passivo della protagonista, da Tofano a Rodari, da Dahl a Ross, sino ai lavori illustrati di Philippe Corentin (Signorina Si-salvi-chi-può) o di Elise Fagerli (Ulvehunger) e al recente Un piccolo cappuccetto rosso di Marjolaine Leray, che con efficace gioco cromatico di rosso e nero riprende il tema dell’intraprendenza e dell’autonomia della bambina;  in altri casi è il tono rarefatto e pensoso a prevalere, come nell’albo In bocca al lupo di Fabian Negrin, che non inverte i ruoli tradizionali ma racconta la storia dalla parte del lupo, affascinato dalla bellezza della fanciulla e forse ricambiato. Ma è Cappuccetto rosso. Una storia moderna, illustrata da Roberto Innocenti e scritta da Aaron Frisch, una delle più recenti versioni in cui la metafora del divoramento è chiaramente spiegata, riportata ad una realtà metropolitana, confusa, inquietante, di sopraffazione e violenza sull’infanzia, ancora più subdola e pericolosa che nelle culture tradizionali: ora è il Cacciatore a farsi carnefice, proprio quella figura che dovrebbe salvare e proteggere la bambina. Tuttavia, il finale evita i toni più angosciosi aprendosi volutamente alla speranza, e dunque alla progettazione di un’ipotesi diversa, alternativa, rimandando alla trasformazione e al cambiamento come aspetti inerenti la logica stessa delle fiabe, che per la loro natura molteplice e combinatoria rappresentano da sempre un repertorio plurale di possibilità e di ruoli, capace di “allenare” la mente di bambini e adolescenti nell’ottica della divergenza e dell’utopia.

Lavorare creativamente con una fiaba che interpreta in modo mirabile l’inesauribile possibilità della scrittura e della letteratura ha permesso agli studenti di sperimentare nei workshop, attraverso differenti tecniche, materiali e strategie di ri-scrittura, il ruolo attivo e creativo di narratori: la tradizione rappresenta un trampolino di lancio, in ogni testo letterario, per l’apporto personale e originale dello scrittore, storicamente immerso in un contesto storico-culturale che orienta le sue scelte creative.